Media 


Un trilione di dollari di pubblicità cambiano rotta. Ieri il 60% andava ai Paesi sviluppati e il 40% alle Nazioni in via di sviluppo.  Oggi si inverte il trend. 200-300 miliardi in meno fanno sparire in un colpo 10 network tv come Mediaset o 50 Corsera. Scompaiono anche 5-6 milioni di stipendi per gli addetti alla Comunicazione.

 martedì 12 giugno 2012


di Glauco Benigni 


"C'è la crisi della pubblicità!! C'è la crisi della pubblicità!!" Questa sintesi semplificata di un fenomeno molto complesso si è ormai ridotta a lamentoso mantra da diversi anni e risuona tra azionisti, manager, giornalisti e impiegati di ogni società in cui si trae profitto dalla comunicazione ... fino a comparire minacciosa negli Ordini del giorno dei Consigli di amministrazione e dei Comitati di Redazione. Nel frattempo gloriose testate giornalistiche vengono svendute, tv e radio broadcasters tagliano drasticamente i costi di produzione ... e si attende. Cosa si attende? Il miracolo? Certo no! Gli ultimi lampi delle economie, nelle democrazie occidentali, hanno lasciato il posto ai devastanti tornados della finanza globale e al bizzarro altalenare degli spread. Il segno "più" negli annual report è un ricordo di altre stagioni e, oltre ai media, anche altri comparti industriali tremano. Licenziano e tremano. Prepensionano baldanzosamente, esodano, tremano... e in ogni caso studiano strategie per ottimizzare gli investimenti pubblicitarii che ritengono indispensabili a mantenere e difendere le proprie quote di mercato. Ma quali sono gli scopi e le funzioni della pubblicità? La vecchia Signora, "anima del commercio", tra le sue priorità ha certamente quella di organizzare i consumi attraverso la creazione di stili di vita che siano ossequiosi e favorevoli al modello di sviluppo liberista sancito a Bretton Woods e rielaborato negli ultimi G 20. Tra le sue funzioni inoltre, quella principale è esercitare il controllo, travestito da sostegno, nei confronti dei media di massa. "Perché scrivere o far vedere qualcosa che sia sgradito ai nostri inserzionisti ?". Gli Editori e i Direttori ben conoscono il valore di questa domanda e di solito rispondono che i Contenuti e la Pubblicità sono questioni separate, sapendo però che non è proprio così. Bene : chi decide se, quando e quanto finanziare con la risorsa pubblicità un Medium di massa e quindi la Cultura di Massa? La risposta, su scala globale, è stranamente semplice. Dal 1938 esiste una Associazione, con sede al numero 275 di Madison Avenue a New York; si chiama International Advertising Association. E' un cartello (4000 società in 76 nazioni) all'interno del quale si rinvengono le sigle più prestigiose di Agenzie Globali di Pubblicità, Produttori Multinazionali di Merci, Media, Società di Ricerche e Elaborazione dati, quali (tra i molti): Bbdo Worldwide, Dentsu, Dow Jones, Hakuhodo, Jsc, Leo Burnett, McCann Worldgroup, Nielsen Business Media, Young&Rubicam, Procter&Gamble, Shell, Unilever , etc... Ovvero il Gotha, l'Olimpo dei Mercanti Globali che ispirano e sostengono la World Trade Organisation. Senza di loro, senza il loro contributo, gruppi quali la News Corp. di Rupert Murdoch, la Hearst, Hachette e giù per i rami fino a casa nostra: Mediaset, la Rai, la Rcs, il Gruppo Espresso-Repubblica e altri non avrebbero mai raggiunto il loro status attuale e i loro fatturati sarebbero stati molto, molto inferiori. Ufficialmente, come si legge nel sito della Iaa, l'associazione difende la libertà di commercio contro ogni restrizione, usa la propria rete globale per trasferire conoscenze su questioni industriali, fornisce e sviluppa "education" e talenti d'affari. In altre parole la Iaa, negli ultimi 75 anni ha svolto nel Global Trading il ruolo di Intelligence e cinghia di trasmissione al servizio dei Mercanti planetari, finanziando quei media di massa altamente strategici affinché, nei diversi territori di loro interesse, la maggior parte degli lettori-spettatori-elettori alimentassero una sola fede quasi sempre inespressa : Consumo ergo sum. Tutto ciò, dal secondo dopoguerra alla recente crisi finanziaria, si è svolto con una certa discrezione ed è stato ammantato da studi, ricerche, analisi, in gran parte finanziate dalla Iaa, nelle quali si dimostrava l'elevato carattere progressivo della loro azione, in quanto questa consentiva lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e quindi favoriva il dibattito e la formazione delle coscienze nelle democrazie mature e immature. In realtà il denaro erogato all'industria della comunicazione dalla Iaa, in cambio di spazi pubblicitari, era fornito soprattutto ai Re Media più disinvolti, i quali chiudevano un occhio e anche tutti e due in momenti in cui bisognava organizzare, oltre ai consumi, il consenso nazionale e internazionale su questioni molto importanti quali la Pace, l'Ecologia, i Diritti degli Oppressi e così via, spesso sostituendo la Cronaca alla Storia e i Reality Shows alla Realtà. Oggi però le cose sono cambiate. In peggio. Ce lo ha spiegato a chiare lettere un signore che svolge il ruolo di portavoce degli associati alla Iaa. Il signore si chiama Martin Sorrell, è stato allevato nella Londra degli anni 80 nella bottega di Global Marketing dei fratelli Saatchi ed è attualmente il Chief Executive della Wpp, un gruppo che fattura circa 70 miliardi di dollari l'anno, per il quale lavorano 110.000 persone in 106 nazioni: gente molto vispa che promuove i Global Advertisers presenti nella classifica "Fortune 500" e nell'indice "Nasdaq 100". Martin dunque è uno che sa. Conosce i leaders del mondo e i dati, anche quelli più riservati. "Le agenzie di pubblicità investono ogni anno, per conto dei propri clienti, circa un trilione di dollari -spiegava qualche tempo fa in un affollato convegno al Mip di Cannes- e lo fanno volentieri ... è il nostro mestiere. Ma qualcosa negli ultimi anni è cambiato ..." Nella platea gremita da un migliaio di proprietari di network tv, managers e editori di quotidiani e periodici, padroni di motori di ricerca e siti web, calava il silenzio. Mr. Sorrell stava per rilasciare una relevant news. "Dalle nostre ricerche - continuava Sorrell- che ci costano 800 milioni di dollari all'anno e quindi sono molto credibili, risulta infatti che il mondo non è più lo stesso ... Faceva un lungo preambolo, spiegava i motivi per cui si era giunti a tale conclusione, forniva giustificazioni geopolitiche, economiche e finanziarie e infine, implacabile, rilasciava una definizione filosofico-antropologica : "il mondo ormai si divide in "consumatori cinici e consumatori ottimisti ". Qualcuno se lo aspettava, qualcuno lo sapeva, altri si sono guardati perplessi. Che vuol dire? Ed è arrivata la spiegazione. Esistono le Nazioni Sviluppate, quelle che genericamente si definiscono Western Countries, in questi territori nel corso degli ultimi decenni i consumatori hanno avuto più o meno accesso ad ogni forma di consumo e ne hanno goduto. Oggi però gli abitanti di queste nazioni manifestano perplessità nei confronti delle nuove offerte, si chiedono se inquinano o meno, se sono veramente utili o se ne possano fare a meno. Addirittura si permettono di mettere in discussione se sia veramente utile all'economia consumare così tanto visto che la massa di rifiuti, derivante dal consumo forsennato e superfluo, genera guai per la raccolta e il trattamento dei rifiuti stessi. Orbene questo atteggiamento, secondo Martin Sorrell e la Iaa è inequivocabilmente "cinico". Mr. Sorrell non accennava minimamente alla crisi. Per lui la soluzione ovviamente sarebbe quella di un rilancio dei consumi. Se qualcuno non lo capisce tanto peggio per lui. C'è da chiarire ulteriormente che, se per gli italiani e i greci, "cinico" è anche il saggio che vive in modo autosufficiente e autarchico, nei vocabolari inglesi "cinico" è definito invece come "ringhioso, stizzoso" e addirittura "misantropo". In ogni caso il chiarimento definitivo Sorrell lo ha fornito "per contrasto" quando ha spiegato che "nel resto del mondo e in particolare nel Bric (Brasile, Russia, India e Cina) i consumatori sono invece ottimisti", cioè non vedono l'ora di andare a comperare qualsiasi nuova merce venga loro proposta dalla pubblicità e anzi sono talmente entusiasti all'idea di circondarsi di beni e di godere di nuovi servizi che sono pronti ad indebitarsi più che possono. Detto così il verdetto può anche far sorridere, può sembrare un'analisi un po' banale, ingenua e anche ovvia: in quei mondi non hanno avuto che autoritarismo, lacrime, sudore e sangue e ora spendono qualsiasi cifra in gadgets e comfort, anche se superfluo. Dietro questa sentenza però si celano alcuni effetti che rischiano di diventare tragici per l'Occidente. Se, come dice Sorrell , quel trilione di dollari che veniva spartito 60% a favore degli Western Countries e 40% nel resto del mondo, viene già da un paio d'anni diviso in modo contrario, in Occidente vengono a mancare, circa 200-300 miliardi di dollari di sostegno ai media, cioè una quantità di denaro tale da far sparire in un sol colpo 10 tv network come Mediaset o 50 grandi quotidiani come il Corriere della Sera e comunque tale da cancellare 5-6 milioni di stipendi di addetti all'industria dei media in Occidente. Tant'è che Martin Sorrell si è congedato dicendo con un sorriso da Gioconda: "io sarei molto preoccupato se fossi un azionista di un "local medium", intendendo per tale un giornale o una rete tv che agisce su un solo territorio in una sola lingua. E tutto questo perchè? Perchè il centro studi della Iaa ha scoperto che Noi siamo consumatori cinici. Questo è stato il piatto forte del banchetto, ma oltre a queste affermazioni Sorrell ha voluto anche precisare, quasi scusandosi, che c'erano altre ragioni, anche queste sostenute da ricerche, che suonano come campane a morto nella Storia di tv e giornali. Nel mondo, diceva ancora Sorrell, ci sono 1,5 miliardi di tv set (televisori da salotto), 1,2 miliardi di PC screen (schermi di computers) e -udite, udite!- 4 miliardi di schermi di telefoni cellulari. Ora, considerando che ai clienti inserzionisti non interessa un fico secco di come il proprio messaggio pubblicitario raggiunga il consumatore potenziale, è ovvio che la maggior concentrazione di sforzi promozionali, nei prossimi anni, la Iaa la dedicherà alla comunicazione realizzata attraverso i telefoni cellulari. Tanto più che -sempre secondo le ricerche della Iaa- il parco di cellulari è già maggioritario nei paesi del Bric ed è lì e in Africa che se ne venderanno sempre di più perché agli abitanti di quelle nazioni, molti dei quali non hanno neanche fatto la loro prima telefonata e non hanno mai visto la tv, i telefoni cellulari verranno regalati in misura pari a centinaia di milioni. Lo scenario appare apocalittico e le considerazioni da fare sarebbero veramente tante. La prima è che nessuno è più cinico della Iaa; l'altra però è che avere abusato a tal punto della cosiddetta risorsa pubblicità, il cavallo di Troia dal quale è fuoriuscito gran parte del peggio contemporaneo, equivale oggi a dover fare i conti con un pesante ricatto che avrà ricadute su molti segmenti strategici delle nostre "democrazie". A meno che non si ridiventi tutti ottimisti.

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